Date parole al vostro dolore; il dolore che non parla sussurra al cuore troppo gonfio e lo invita a spezzarsi.
Mi sono spesso interrogata sul significato che il corpo malato, sintomatico, ha nel contesto della cura psicologica, specialmente con i pazienti che soffrono di fibromialgia e dolore cronico. Come il terapeuta si può muovere tra il desiderio del paziente di riprendersi la sua vitalità e il desiderio di allontanarsi dal dolore del corpo?
La ricerca ha ampliamente dimostrato il ruolo svolto dai circuiti neuro cognitivi nel dolore cronico ed in particolare nel suo innescarsi e cronicizzarsi.
Quando le persone giungono in consulenza, quello che chiedono è di riprendere la partecipazione alle attività di tutti i giorni.
È dunque la limitazione, come componente fondamentale del dolore, che li spinge alla richiesta di aiuto più che il dolore fisico in sé.
Le persone possono sopportare il dolore: in questi ultimi anni, gli innumerevoli progressi della terapia medica, hanno permesso di “gestire” l’intensità del dolore con l’ausilio delle terapie farmacologiche convenzionali e quelle delle terapie non farmacologiche come la mesoterapia, l’auricoloterapia o l’agopuntura.
Quello che non riescono ad eliminare è la memoria del dolore, la sua cronicizzazione che si presenta come una sorta di “arto protesico” e che limita la partecipazione alla vita.
Negli adolescenti questa limitazione è cosi pervasiva che sono frequenti il ritiro scolastico e gli sbalzi d’umore: ciò impatta significativamente sullo sviluppo delle relazioni sociali e sullo sviluppo dell’identità. Il dolore cronico diventa difficile da gestire solo con le cure farmacologiche, e ciò ha senso alla luce del particolare circuito che lo caratterizza. Negli adolescenti il ricorso ai farmaci è molto frequente ancor prima che il dolore si presenti, così cercano di controllare il dolore del corpo, con impatti negativi sulla salute! Credo che la psicoterapia debba interrogarsi sempre di più sul ruolo che può avere nel promuovere il benessere delle persone che soffrono di dolore cronico. In particolare ho approfondito questa tematica attraverso il lavoro attento e scrupoloso di Cornell (2018) che nel suo libro “L’esperienza somatica in psicoanalisi e psicoterapia. Nel linguaggio espressivo del vivente” sollecita molti interrogativi : “possiamo pensare e sentire il corpo? Possiamo considerare l’esperienza somatica dei nostri pazienti e la nostra?”. Questo argomento suscita oggi un rinnovato interesse e sollecita il nascere di convergenze tra ambiti teorici diversi sia nella teoria che nella pratica, per motivi diversi. Innanzi tutto, il superamento del dualismo cartesiano mente-corpo ha permesso di andare oltre la polarizzazione che ha caratterizzato per molto tempo la clinica (Damasio, 1994; Stolorow, Atwood, 1992) e dall’altro l’apporto delle neuroscienze nel comprendere i meccanismi del funzionamento mente-cervello-memoria ha permesso di rivedere la definizione di inconscio. Questo processo di conoscenza e il dibattito che ne è nato, ha portato nuova luce sui processi relazionali, sulle emozioni e sugli affetti, influenzando la comprensibilità della fisiologia e psicopatologia e aprendo nuovi terreni nel trattamento psicoterapeutico.
Naturalmente, le malattie non si verificano nel corpo, bensì nella vita (…), nel tempo, in un luogo, nella storia, nel contesto dell’esperienza vissuta e nel mondo sociale. Il suo effetto è sul corpo nel mondo.
Come concettualizzare il “corpo” nel contesto psicoterapeutico ? Il termine “corpo” contiene in sé più significati, riferiti prevalentemente al corpo-materia, in questo c’è d’aiuto la lingua tedesca, che distingue tra un corpo Korper (un corpo oggetto), quello dei manuali di medicina, e un corpo Leib (un corpo vissuto, o vivente) investito di affetti e collocato nella storia del soggetto, come ci ricorda Eugenio Borgna nel saggio “Le metamorfosi del corpo” (Borgna, 1983).Per comprendere il significato del corpo è stato per me fondamentale riprendere il concetto di intersoggettività su cui si fonda la vita emotiva dell’altro ed il corpo vissuto è al centro del problema della intersoggettività: l’intersoggettività è intercorporeità, una “comunione di carne e non una relazione tra soggetti pensanti isolati, legame percettivo attraverso il quale noi riconosciamo gli altri esseri in quanto simili a noi” (Stanghellini, 2006, p. 252). Cornell suggerisce di pensare al corpo nella relazione con il paziente attraverso la lettura del sub-simbolico , nel corpo a corpo della relazione terapeutica: Danielle Quinoz (2003) suggerisce di modificare la comune modalità analitica “… dì tutto quello che ti viene in mente” con “… dì tutto quello che ti viene..” proprio col senso di sentire anche “da dove viene”. La memoria e l’esperienza inconscia sono conservate in varie forme come quelle viscerali e somatiche oltre a quelle cognitive e simboliche. Cornell sottolinea in modo provocatorio come ciò che accomuna bambini e cervello è che sono saldamente e permanentemente riferiti ad un corpo, così il bambino è attrezzato fin dalla nascita alla reciprocità interattiva. L’infant-research e l’uso della videoregistrazione hanno permesso raffinate microanalisi sulle interazioni madre-bambino che evidenziano come vi sia, fin da subito, un buon coordinamento muscolare tra rotazione degli occhi e del capo che sostiene sotto il profilo fisico e motorio l’interazione dello sguardo, un vero e proprio ping-pong relazionale (cfr. Brazelton e Cramer, 1990). Il corpo ricorda e “apprende” (Waldekranz Piselli, 1999). In Analisi Transazionale, Cassius (1977) ha coniato il termine body script che ben sottolinea come il corpo è tramite e “deposito” relazionale. Lenhardt (1984) si riferisce al termine di bioscript, coniugando Analisi Transazionale e bioenergetica.
Concludo sostenendo l’importanza di offrire nella stanza della terapia, così come nello spazio gruppale, un’esperienza relazionale che permette di dare alla corporeità e alle esperienze vissute nella relazione un diverso significato e un nuovo timing. Il corpo diviene risorsa, spazio intermedio dove giocare e ri-giocare l’esperienza relazionale. Luogo dove “risignificare” l’esperienza del soggetto e trarne nuove alchimie (Ligabue, 2004).
Bibliografia
Berne, E. (1961). Analisi Transazionale e psicoterapia. Un sistema di psichiatria sociale e individuale. Roma: Astrolabio, 1971.
Cornell W.F(2018)L’ esperienza somatica in psicoanalisi e psicoterapia. Nel linguaggio espressivo del vivente. Armando Editore
Ligabue S., Modi della relazione. Stati dell’Io, copione, corpo “Quaderni di psicologia, Analisi Transazionale e Scienze umane” n.41, 2004